lunedì 13 febbraio 2012

NON PASSA LO STRANIERO?

Ho fatto un proposito per questo anno 2012. Pertanto cercherò di esprimermi in senso positivo. Lo spunto di riflessione di oggi è la proposta di far votare gli immigrati regolari nelle elezioni dei consigli di quartiere. Da qui si parte per arrivare alla cittadinanza. La riflessione che voglio fare è la seguente: per quanto tempo una società può permettersi di vivere escludendo dalla possibilità di partecipare alle scelte e alle decisioni che riguardano la vita di tutti i giorni parte di se stessa? Non possiamo fare finta di niente e pensare che chi non ha la cittadinanza italiana non possa esprimersi sulle questioni che riguardano la propria vita in comunità. Basterebbe solo questa motivazione di semplice opportunità secondo me a far propendere non solo per il voto nei consigli di quartiere ma anche per le elezioni amministrative sicuramente a livello comunale. Chi è residente in un territorio, regolarmente iscritto alle liste di anagrafe, che lavora in regola, paga le tasse, manda i propri figli a scuola deve poter avere il diritto di esprimersi e di sentirsi rappresentato per le decisioni amministrative che inevitabilmente ricadono su di lui e sulla sua famiglia. Possiamo normare la cosa e mettere delle regole per la durata temporale di residenza continuativa che accende questo diritto al voto per evitare la trasumanza elettorale. Per quanto riguarda invece la cittadinanza è ben noto che in Italia fin dai tempi dell'antica Roma vige il principio dello ius sanguinis: ovvero la cittadinanza si trasmette per discendenza. Diverso è negli Stati Uniti ad esempio dove vige lo ius soli: è americano chi nasce negli USA. Anche qua senza tante demagogie uno spunto di riflessione lo dovrebbe dare la constatazione che entrare negli Stati Uniti non è così semplice come sembra esserlo per l'Italia. I controlli, seppure imperfetti anche negli USA, sono sicuramente più alti e maggiori. Dare la cittadinanza italiana che ingenera tutta una questione di diritti (e anche di doveri ricordiamoci) a tutti coloro che si trovano a nascere qua mi fa temere una sorta di migrazioni della nascita per cittadinanza (che genera non tanto il diritto a stare in Italia - che se andiamo avanti così non sarà più tanto appetibile- ma fin tanto che saremo in Europa a poter circolare in tutta l'Unione ad esempio). Pertanto vedo ancora prematuro questo cambiamento e le discussioni dovrebbero andare non tanto e non solo nella direzione di "valori" e "principi" quanto piuttosto in termini di "sostenibilità" e "opportunità". Ed è su queste basi che secondo me dobbiamo aprire un dibattito culturale che presuppone una consapevole visione del futuro e dei mutamenti della nostra società. Senza dimenticare mai chi siamo, quale è la nostra storia, il nostro passato, i nostri valori ma senza dimenticare che la storia evolve, il passato condiziona il futuro ma non lo pregiudica e che i valori vivono e sopravvivono alle diverse contrapposizioni solo se fortemente testimoniati e vissuti piuttosto che semplicemente declamati e preconcettualmente difesi. L'impressione è che ci si trova di fronte due posizioni incapaci di approfondire con qualità e competenza la questione senza volontà di lasciare gli opposti estremismi di posizioni chiuse e preconcette sbilanciate o verso una estrema chiusura o verso una estrema apertura. O le questioni fondamentali di questo Paese e anche delle nostre piccole comunità cominciano ad essere trattate e discusse con capacità di approfondimento, mediazione, ascolto e disponibilità oppure il futuro che stiamo costruendo non sarà tanto roseo per i nostri figli.